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Uso di antibiotici e rischio di diabete di tipo 2

Uno studio caso-controllo basato sulla popolazione

Pillole dal Mondo n. 845 - 18/09/2015 

Un gruppo di ricercatori danesi ha condotto uno studio caso-controllo, basato sulla popolazione, con l’obiettivo di verificare la relazione tra l'uso di antibiotici e lo sviluppo del diabete di tipo 2. I risultati dello studio sono stati pubblicati su The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism.
I ricercatori hanno identificato 170.504 casi di diabete di tipo 2 in Danimarca tra gennaio 2000 e dicembre 2012 e li hanno incrociati con 1.364.008 controlli. Poi hanno utilizzato i database del governo danese, il Danish National Registry of Patients, il Danish National Prescription Registry, e il Danish Person Registry, per verificare l’uso di antibiotici da parte di questi soggetti nei precedenti 13 anni.
L'odds ratio (OR) che associava il diabete di tipo 2 con l'esposizione ad antibiotici di qualsiasi tipo è stata di 1.53 (95% IC 1.50 -1.55). Anche se nessun singolo gruppo di antibiotici è stato specificamente associato al rischio di diabete di tipo 2, sono stati osservati OR leggermente superiori con antibiotici a spettro ridotto e battericidi (OR 1,55 e 1,48) rispetto ad antibiotici ad ampio spettro e batteriostatici (OR 1.31 e 1.39). Un chiaro effetto dose-risposta è stato riscontrato a fronte di un crescente carico cumulativo di antibiotici. Il maggiore uso di antibiotici in pazienti con diabete di tipo 2 è stato riscontrato fino a 15 anni prima della diagnosi e anche successivamente.
Dallo studio è emerso quindi che i pazienti con diabete di tipo 2, rispetto ai soggetti di controllo liberi dalla malattia, sono sovraesposti agli antibiotici prima della diagnosi di diabete di tipo 2, definita dalla prima prescrizione di un ipoglicemizzante orale. “Potrebbe trattarsi – scrivono i ricercatori danesi – di un aumento della domanda di antibiotici causato da un aumento del rischio di infezioni in pazienti con diabete non ancora diagnosticato, prediabete, o diabete di tipo 2 manifesto. Tuttavia, la possibilità che l'esposizione agli antibiotici aumenti il rischio di diabete non può essere esclusa e merita ulteriori approfondimenti in studi interventistici”.

“I nostri risultati – concludono gli Autori – richiedono nuove indagini sugli effetti a lungo termine degli antibiotici sul metabolismo lipidico e glucidico e sull’aumento del peso corporeo. In particolare, i ricercatori consigliano di indirizzare gli studi sulle penicilline d’uso comune a spettro ristretto, perché questi farmaci sono prescritti frequentemente e hanno mostrato il più alto OR per il rischio di diabete di tipo 2”.
"In studi su animali, il trattamento antibiotico ha mostrato di influenzare il metabolismo del glucosio e dell’insulina" – afferma l'autore principale, il dottor Kristian Hallundbaek Mikkelsen del Center for Diabetes Research presso il Gentofte Hospital di Copenhagen – Ciò che abbiamo osservato negli animali potrebbe accadere nelle persone, e, se così fosse, ci sarebbero ragioni ancora più valide per essere rigorosi nella prescrizione degli antibiotici."


Commento della Commissione Farmaci SIE:
Nella lingua inglese esiste un aggettivo che ben definisce questo tipo di studi: “tantalizing”, perché il lettore è esposto a un supplizio di Tantalo di natura intellettuale, cioè la visione di prospettive affascinanti che, quanto più uno avvicina lo sguardo, tanto più si allontanano dall’essere provate. Che cosa sottende questa associazione, precedente anche di 15 anni l’insorgenza della malattia, fra uso di antibiotici e rischio di diabete di tipo 2? Una storia personale e/o un ambiente “diabetogeni” che causano anche un aumento del rischio di infezioni batteriche? Un genoma in cui i geni diabetogeni aumentano la vulnerabilità alle infezioni? Un ritardo della diagnosi di malattia? Un rischio legato alla situazione di prediabete non corretto dalle analisi statistiche? Una modifica, in senso diabetogeno, della composizione del microbioma intestinale susseguente all’uso di antibiotici? Un effetto diretto di alcuni antibiotici, ad es sulla beta cellula? Altro? O semplicemente il ghigno beffardo del Caso?
Qualsiasi sia la risposta corretta, vi sono due considerazioni che in ogni caso si possono ricavare: 
1. Questo studio presenta l’ennesimo motivo in più per raccomandare una prescrizione appropriata degli antibiotici
2. Sulla base di precedenti esperienze, l’OR di 1.50, pur significativo e curiosamente quasi sovrapponibile all’OR di 1.47 tipico della variante diabetogena di TCF7L2, il più rilevante “diabetogene” finora scoperto, può aumentare in modo solo quantitativamente trascurabile le curve ROC che descrivono la nostra capacità di predire oggi chi in futuro sarà affetto da diabete di tipo 2. In altre parole, forse c’è un interessante e importante messaggio biologico riguardante l’eziopatogenesi del diabete, ma, al momento, dal punto di vista clinico pratico, nulla cambia.