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Approccio terapeutico nel feocromocitoma/paganglioma metastatico

Giuseppina De Filpou1, Letizia Canu1
1Dipartimento di Scienze Biomediche Sperimentali e Cliniche “Mario Serio”, Università di Firenze, Firenze, Italia
Autore corrispondente Dr.ssa Giuseppina De Filpo Email: [email protected]

 
Introduzione
Feocromocitoma (FEO) e paraganglioma (PGL) sono tumori rari derivati dalla cresta neurale, con un’incidenza pari a circa 0.6 casi su 100.000 abitanti/anno, che riconoscono una base genetica, germinale o somatica, fino al 50% dei casi [1]. La classificazione della World Health Organization (WHO) del 2017, relativa ai tumori endocrini, ha incluso i tumori cromaffini tra quelli maligni in relazione al loro potenziale metastatico [2]. In particolare, le forme metastatiche rappresentano circa il 5-26% e sono caratterizzate da una prognosi estremamente eterogenea. Attualmente, vista la rarità di questi tumori, risulta difficile identificare fattori prognostici di metastatizzazione. La gestione terapeutica dei FEO/PGL metastatici rappresenta, ad oggi, una sfida per i clinici in mancanza di linee guida dedicate.

Gestione dell’eccesso di catecolamine
Una delle problematiche da affrontare è rappresentata dalla gestione degli effetti collaterali dovuti al rilascio di catecolamine (CA) da parte del tumore, che comporta un elevato rischio cardiovascolare ed importanti complicanze gastrointestinali (es. stipsi, infarto intestinale) gravate da un significativo incremento della mortalità.

Sicuramente l’impiego di alfa-litici, quali la fenossibenzamina o la doxazosina (quest’ultima commercializzata in Italia), rappresenta la terapia di scelta per contrastare l’effetto negativo dell’eccesso catecolaminergico, normalizzare i livelli pressori e consentire l’espansione del volume ematico circolante. I beta-bloccanti possono essere introdotti, esclusivamente a seguito di un adeguato blocco alfa-adrenergico, per il controllo dell’eventuale tachicardia associata, nonché degli eventi coronarici acuti. I calcio-antagonisti possono rappresentare, invece, una chance terapeutica per il controllo pressorio quando la terapia a base di alfa-litici e beta-bloccanti non è sufficiente. La metirosina, inibitore della sintesi delle CA, può essere utilizzata in caso di inefficacia delle terapie già menzionate, anche se il suo utilizzo è limitato a causa degli effetti collaterali a livello del sistema nervoso centrale (es.: sonnolenza, agitazione e, raramente, parkinsonismo) [1].

Chirurgia
La chirurgia ha uno scopo principalmente palliativo nei pazienti affetti da FEO/PGL metastatico e rappresenta un approccio curativo soltanto in quei pazienti con recidiva loco-regionale aggredibile o metastasi isolate. Il principale intento dell’approccio chirurgico è quello di ridurre il carico tumorale e, conseguentemente, gli effetti negativi legati al rilascio di CA da parte del tumore. In uno studio retrospettivo condotto su una coorte di 252 pazienti con malattia metastatica, è stata riportata una più lunga sopravvivenza globale nei pazienti sottoposti ad asportazione chirurgica del tumore primitivo [3]. A tal proposito si può concludere che, quando possibile, la rimozione chirurgica del tumore primitivo può migliorare la sopravvivenza dei pazienti con malattia metastatica.

Chemioterapia ed inibitori tirosino-chinasici (TKI)
Nei pazienti con alto carico tumorale e rapida progressione di malattia, la chemioterapia rappresenta l’opzione terapeutica di scelta. Lo schema maggiormente studiato è quello composto dall’associazione di ciclofosfamide, vincristina e dacarbazina (CVD), proposto per la prima volta negli anni ’80. In una metanalisi, che ha incluso quattro differenti studi per un totale di 50 pazienti affetti da FEO/PGL metastatico, una risposta completa alla chemioterapia è stata riportata soltanto nel 4% dei casi; una risposta parziale nel 37% dei pazienti e nel 14% dei casi è stata ottenuta stabilità di malattia [4].

Oltre al tradizionale schema CVD, la temozolomide trova indicazione nei tumori con deficitaria espressione dell’enzima O(6)-methylguanine-DNA methyltransferase (MGMT). In particolare, la sua efficacia è condizionata dall’espressione dell’enzima e/o dalla metilazione del suo promotore. Esistono dati in letteratura che mostrano una progression free survival significativamente più lunga nei pazienti con mutazioni del gene SDHB, verosimilmente giustificata dall’ipermetilazione del promotore di MGMT nei tumori SDHB-relati, che porta al silenziamento dell’espressione enzimatica.

Essendo i tumori cromaffini molto vascolarizzati, gli inibitori tirosino-chinasici (TKI), grazie alla loro capacità di bloccare i recettori del vascular endothelial growht factor (VEGF), sono in grado di inibire l’angiogenesi e la crescita tumorale e sono, pertanto, stati studiati in differenti trials clinici. Il sunitinib è stato il primo ad essere proposto per il trattamento dei FEO/PGL metastatici. Gli studi condotti sull’impiego di questa classe di farmaci hanno evidenziato come, dopo un’iniziale risposta al trattamento, si verifichi un escape dopo alcuni mesi o anni dall’inizio del trattamento. I meccanismi responsabili dell’escape sono molteplici, tra i quali il reclutamento delle cellule progenitrici endoteliali resistenti ai TKI attualmente disponibili e l’attivazione di pathway che contribuiscono alla crescita e all’invasione tumorale [5]. Visti gli effetti collaterali dovuti al trattamento con TKI (es. nausea, vomito, diarrea, rash cutaneo, ipertensione arteriosa, allungamento del QTc), è indispensabile uno stretto monitoraggio dei pazienti ed un’adeguata terapia di supporto.

Radioterapia e trattamento radiometabolico
La terapia radiante e le terapie radiologiche interventistiche (es. ablazione mediante radiofrequenza, crioablazione) sono utili per il controllo loco-regionale della malattia e permettono di ottenere un’attenuazione della sintomatologia algica, soprattutto nei pazienti con metastasi ossee. Lo screening dei pazienti mediante esami strumentali di medicina nucleare, quali la 123I – MIBG e la PET/TC con Ga68- DOTATATE, consente di selezionare quelli candidabili ad un trattamento radiometabolico con l’utilizzo di 131I-MIBG e/o di 177Lu-DOTATATE (Lutathera®) rispettivamente.

È attualmente disponibile il trattamento con 131I-MIBG a bassa (Low Specific Activity, LSA) e ad alta (High Specific Activity, HSA) specificità, quest’ultimo approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) per i pazienti con FEO/PGL metastatico non resecabile ma non disponibile al di fuori degli USA.

Il trattamento radiorecettoriale con 177Lu-DOTATATE è stato approvato per i tumori neuroendocrini gastroenteropancreatici ben differenziati, progressivi, non asportabili o metastatici in diversi Paesi, tra cui l’Italia (determina n°501/2019) ed il suo impiego nei pazienti con FEO/PGL metastatico avviene esclusivamente nell’ambito di protocolli sperimentali. E’, quindi, necessaria una costante interazione con Centri di esperienza in questo tipo di trattamento, al fine di poter stabilire le corrette tempistiche di utilizzo nel corso della storia di malattia di ciascun paziente candidabile. In ragione dell’elevata espressione dei recettori della somatostatina di tipo 2 (SSTR2) anche gli analoghi della somatostatina (SSA) long-acting possono trovare spazio nel trattamento dei pazienti con FEO/PGL metastatico [6]. Il trattamento è, ad oggi, off label per questi pazienti e può essere prescritto mediante richiesta dedicata ad AIFA (Fondo 5%).

Inoltre, differenti terapie bersaglio sono in corso di valutazione in trials clinici

Conclusioni
Considerando la prognosi eterogenea dei pazienti affetti da FEO/PGL metastatico, le terapie impiegate devono essere valutate caso per caso e gestite nell’ambito di un team multidisciplinare esperto.


Conflitti di interesse: L'autrice dichiarano di non avere conflitti di interesse
Consenso informato: Lo studio presentato in questo articolo non ha richiesto sperimentazione umana
Studi sugli animali:. L'autrice non hanno eseguito studi sugli animali

Riferimenti bibliografici
  1. Lenders JW, Duh QY, Eisenhofer G, Gimenez-Roqueplo AP, Grebe SK, Murad MH, Naruse M, Pacak K, Young WF Jr, Endo- crine Society (2014) Pheochromocytoma and paraganglioma: an endocrine society clinical practice guideline. J Clin Endocrinol Metab 99(6):1915–1942. https://doi.org/10.1210/jc.2014-1498
  2. Lam AK (2017) Update on adrenal tumours in 2017 World Health Organization (WHO) of endocrine tumours. Endocr Pathol 28(3):213–227. https://doi.org/10.1007/s12022-017- 9484-5
  3. Hamidi O, Young WF Jr, In~iguez-Ariza NM, Kittah NE, Gruber L, Bancos C, Tamhane S, Bancos I (2017) Malignant pheochro- mocytoma and paraganglioma: 272 patients over 55 years. J Clin Endocrinol Metab 102(9):3296–3305. https://doi.org/10.1210/ jc.2017-00992
  4. Niemeijer ND, Alblas G, van Hulsteijn LT, Dekkers OM, Corssmit EP (2014) Chemotherapy with cyclophosphamide, vincristine and dacarbazine for malignant paraganglioma and pheochromocytoma: systematic review and meta-analysis. Clin Endocrinol (Oxf) 81(5):642–651. https://doi.org/10.1111/cen.12542
  5. Jimenez C, Erwin W, Chasen B (2019) Targeted radionuclide therapy for patients with metastatic pheochromocytoma and paraganglioma: from low-specific-activity to high-specific- activity iodine- 131 metaiodobenzylguanidine. Cancers (Basal) 11(7):1018. https://doi.org/10.3390/cancers11071018
  6. Nölting S, Grossman A, Pacak K (2019) Metastatic phaeochro- mocytoma: spinning towards more promising treatment options.

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