SIE aderisce al protocollo di autenticazione 
SIE è affiliata a  
 


Vantaggi e limiti degli attuali kit di dosaggio della Vitamina D

Barbara Altieri1, Antongiulio Faggiano2, Silvia Della Casa3, Annamaria Colao4

1Dipartimento di Medicina Interna 1, Divisione di Endocrinologia, Policlinico Universitario di Würzburg,
Würzburg, Germania.2Dipartimento di Medicina Sperimentale, Università Sapienza, Roma, Italia.3Unità di Endocrinologia, Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma, Italia 4Dipartimento di Medicina Clinica e Chirurgia, UOC Endocrinologia, Università Federico II, Napoli, Italia.

Barbara Altieri,
Dipartimento di Medicina Interna 1, Divisione di Endocrinologia,
Policlinico Universitario di Würzburg,
97080 Würzburg, Germania.
Mail: [email protected]


Introduzione
La carenza di vitamina D è un problema di salute mondiale che colpisce più di un miliardo di persone nel mondo. Diverse condizioni possono favorirne l’insorgenza, tra cui lo stile di vita (scarsa esposizione solare), una alimentazione carente di cibi contenenti vitamina D, condizioni fisiologiche (aumentata pigmentazione cutanea, età avanzata, gravidanza) e fattori ambientali (inquinamento ambientale). Dati di letteratura mostrano come la carenza di vitamina D sia associata ad aumentata incidenza e progressione di numerose malattie, tra cui osteoporosi, diabete mellito, patologie croniche e autoimmunitarie, sindromi neurologiche, neoplasie (1). Questo ha fatto sì che la richiesta di determinazione dei livelli circolanti di vitamina D subisse un forte incremento.

Nella pratica clinica, la misurazione della 25-idrossi-vitamina D [25(OH)D] totale, data dalla somma della 25(OH)D3 e della 25(OH)D2 (derivanti rispettivamente da colecalciferolo ed ergocalciferolo), rappresenta il dosaggio gold standard per la valutazione dello stato di vitamina D (2). Infatti, la 2 (OH)D ha emivita e stabilità più lunghe (25 giorni) rispetto ad altri metaboliti della vitamina D e si trova in concentrazioni relativamente abbondanti nel siero (ovvero, in ng/mL; 1 ng/mL=2.496 nmol/L). Invece, gli altri metaboliti e le forme diidrossilate sono presenti nel sangue a concentrazioni molto basse (in pg/mL) e presentano una emivita di poche ore. E’ stato dimostrato che la concentrazione ematica di 25(OH)D correla bene con lo stato di attività della vitamina D nell’organismo (3).

Metodi di dosaggio immunometrici
I test radioimmunologici (RIA) e i test immunologici in chemiluminescenza (CLIA), entrambi test immunoenzimatici, sono state le prime metodiche ad essere applicate per il dosaggio della vitamina D. I test RIA, inizialmente manuali e successivamente sostituiti da quelli automatici, hanno il vantaggio di utilizzare piccoli campioni di siero, di non essere costosi, di non essere soggetti a interferenze nel dosaggio e quindi di essere accurati. Dall’altro lato, i test CLIA hanno il vantaggio di non utilizzare radionucleotidi. La maggior parte dei test immunoenzimatici in commercio (Abbott Architect, Beckman Dxi, DiaSorin Liaison, IDS iSYS, Roche e Siemens) misurano esclusivamente la 25(OH)D totale, senza poter discriminare tra 25(OH)D3 e 25(OH)D2, e presentano un coefficiente di variazione intra-assay quasi costante, che varia dal 4.2% per i nuovi kit Abbott Architect al 15-19 % per il kit Siemens (2-4).

Metodi cromatografici
La cromatografia liquida ad alta prestazione (HPLC) prima e la cromatografia liquida-tandem spettrometria di massa tandem (LC-MS/MS) dopo, hanno pian piano sostituito le vecchie metodiche di dosaggio. La LC-MS/MS è una potente tecnica analitica che combina la cromatografia liquida con la spettrometria di massa e presenta un'alta correlazione con HPLC. La LC-MS/MS presenta una elevata sensibilità nel misurare i livelli di vitamina D, associata ad una migliore accuratezza e riproducibilità rispetto alle altre metodiche (2-4). La LC-MS/MS può, inoltre, misurare diversi metaboliti della vitamina D simultaneamente, come 25(OH)D2, 25(OH)D3 e 4,25(OH)2D. Tuttavia, questa metodica presenta alcune limitazioni legate ai costi elevati e alla complessa procedura di analisi che richiede un analista esperto. Per questi motivi, le metodiche immunoenzimatiche continuano ad essere utilizzate nella maggior parte dei laboratori di analisi e nella pratica clinica, nonostante la LC-MS/MS rappresenti attualmente il gold standard.

Standardizzazione dei dosaggi
Nel corso degli anni è tuttavia emerso che le tecniche immunoenzimatiche presentano una elevata variabilità nei risultati, così come anche i metodi spettrometrici di massa non sempre sono in grado di produrre risultati comparabili. La presenza di risultati discordanti forniti da diversi laboratori hanno creato limitazioni nella corretta definizione dei livelli di normalità di 25(OH)D, portando a conclusioni e decisioni cliniche contraddittorie (5). Per risolvere questo problema e ottenere risultati comparabili tra metodi e produttori diversi, sono stati fatti grandi sforzi per promuovere la formazione di un Programma di Standardizzazione della 25(OH)D [Vitamin D Standardization Program (VDSP)]. L'obiettivo del VDSP è quello di promuovere dosaggi standardizzati della 25(OH)D al fine di migliorare il processo decisionale nella pratica clinica mondiale. Secondo il VDSP, i test immunoenzimatici che presentano un coefficiente di variazione ≤10% e un bias medio ≤5% possono considerarsi metodi standardizzati (6). La performance dei metodi di dosaggio della 25(OH)D più frequentemente utilizzati nella pratica clinica sono riassunte in Tabella 1 (2).

Conclusioni
In conclusione, nello screening e nella gestione clinica del paziente considerato ad alto rischio di ipovitaminosi, deve essere privilegiato l’utilizzo di metodiche immunoenzimatiche aderenti al VDSP, in modo tale da ottenere una misurazione accurata e attendibile della 25(OH)D. Infine, partendo da evidenze basate su metodiche standardizzate, risulta necessario determinare nuovi cut-off per definire correttamente i livelli di normalità di vitamina D.

Tabella 1. Valutazione nel DEQAS della performance dei kit di dosaggio della vitamina D più
frequentemente utilizzati nella pratica clinica.



Figura1


Dati estrapolati dal programma di standardizzazione della vitamina D all’interno del Vitamin D
External Quality Assurance Scheme (DEQAS) riferiti al 2018

Conflitti di interesse Gli autori dichiarano di non avere conflitti di interesse
Consenso informato Lo studio presentato in questo articolo non ha richiesto sperimentazione umana
Studi sugli animali Gli autori non hanno eseguito studi sugli animali

Riferimenti Bibliografici  
  1. Muscogiuri G, Altieri B, Annweiler C, Balercia G, Pal HB, Boucher BJ, Cannell JJ, Foresta C, Grübler MR, Kotsa K, Mascitelli L, März W, Orio F, Pilz S, Tirabassi G, Colao A. Vitamin D and chronic diseases: the current state of the art. Arch Toxicol. 2017 Jan;91(1):97-107.
  2. Altieri B, Cavalier E, Bhattoa HP, Pérez-López FR, López-Baena MT, Pérez-Roncero GR,
    Chedraui P, Annweiler C, Della Casa S, Zelzer S, Herrmann M, Faggiano A, Colao A, Holick MF. Vitamin D testing: advantages and limits of the current assays. Eur J Clin Nutr. 2020 Feb;74(2):231-24.
  3. Holick MF. The vitamin D deficiency pandemic: approaches for diagnosis, treatment and
    prevention. Rev Endocr Metab Disord. 2017;18:153–65. 1.
  4. Herrmann M, Farrell CL, Pusceddu I, Fabregat-Cabello N, Cavalier E. Assessment of vitamin D status - a changing landscape. Clin Chem Lab Med. 2017;55:3–26.
  5. Rahme M, Al-Shaar L, Singh R, Baddoura R, Halaby G, Arabi A, et al. Limitations of platform assays to measure serum 25OHD level impact on guidelines and practice decision making. Metabolism. 2018;89:1–7.
  6. Sempos CT, Betz JM, Camara JE, Carter GD, Cavalier E, Clarke MW, et al. General steps to standardize the laboratory measurement of serum total 25-hydroxyvitamin D. J AOAC Int. 2017;100:1230–3.
 

Scarica Articolo PDF