Alla luce della sodiuria spot, del quadro di verosimile ipovolemia e della presenza di diabete mellito di tipo 1 in storia clinica, poteva essere preso in considerazione il Morbo di Addison autoimmune nell’ambito di una possibile sindrome poliendocrina autoimmune di tipo 2. Nonostante la paziente manifestasse alcuni sintomi aspecifici suggestivi come astenia, affaticamento, nausea e dolore addominale, tuttavia mancavano altri elementi a favore come l’iperkaliemia e l’ipotensione. Giulia al contrario manifestava un quadro di ipertensione arteriosa.
Questi aspetti ci hanno portato ad escludere il Morbo di Addison. (
Risposta 1 non corretta).
Valori di osmolarità urinaria superiori a 100 mOsm/Kg escludevano la polidipsia psicogena (
Risposta 3 non corretta).
Il quadro di iponatriemia insorto a breve distanza dall’introduzione del tiazidico e la sodiuria spot superiore a 30 mmol/L poteva far ipotizzare un quadro di iponatriemia indotta da diuretici tiazidici. L’utilizzo di
diuretici tiazidici può causare iponatriemia in una minoranza di pazienti suscettibili. Una delle caratteristiche è la possibile insorgenza rapida anche entro poche ore dalla somministrazione e nella maggior parte dei casi si manifesta entro due settimane. Mentre alcuni pazienti sono ipovolemici, la maggior parte si presenta euvolemica e questa condizione entra in diagnosi differenziale con la Sindrome da inappropriata antidiuresi (SIAD). A differenza di quest’ultima, con l’interruzione della terapia avviene una completa correzione dell’iponatriemia, che non recidiva senza la reintroduzione del tiazidico. In alcuni casi la correzione può essere molto rapida dopo la cessazione del tiazidico e la somministrazione di soluzione salina, ma più comunemente possono essere necessari da alcuni giorni ad alcune settimane per una completa correzione. La
risposta 4 risulta non corretta in quanto all’iponatriemia si associavano manifestazioni cliniche non giustificabili dalla terapia diuretica, ma soprattutto non appare compatibile per il fatto che dopo la sospensione dell’idroclorotiazide si fosse manifestato addirittura un peggioramento dell’iponatriemia.
La
Porfiria Epatica acuta (PEA) fa parte di un gruppo di quattro malattie genetiche rare causate dal deficit di quattro degli otto enzimi coinvolti nella via biosintetica dell'eme. Comprende quattro sottotipi: tre a trasmissione autosomica dominante come la porfiria acuta intermittente, la porfiria variegata e la coproporfiria ereditaria; uno estremamente raro a trasmissione autosomica recessiva come il deficit ereditario di acido delta-aminolevulinicodeidratasi (ADP). La PEA si manifesta con la comparsa di attacchi neuroviscerali acuti caratterizzati da:
- coinvolgimento del sistema nervoso autonomo con importante dolore addominale diffuso non associato a segni di peritonismo, stipsi, meteorismo, nausea, vomito, ileo paralitico con distensione intestinale, dolore toracico, tachicardia posturale, ipertensione arteriosa;
- sintomi neurologici e neuropsichiatrici dovuti al coinvolgimento del SNC e periferico, che comprendono debolezza muscolare, neuropatia sensitivo motoria periferica, confusione, ansia, depressione, perdita di memoria, fino alla comparsa di delirium, attacchi epilettici, sindrome da encefalopatia posteriore reversibile, paralisi permanente, coma e insufficienza respiratoria se l’attacco non viene trattato tempestivamente;
- iponatriemia la cui patogenesi è multifattoriale: possono contribuire perdite intestinali di sodio e perdite renali secondarie ad una salt-wasting syndrome, acido delta-aminolevulinico (ALA) dipendente; tuttavia, è maggiormente ascrivibile ad una SIAD.
La maggior parte dei portatori delle alterazioni genetiche non manifesta i sintomi di malattia e nella gran parte dei casi i pazienti sintomatici manifestano solamente pochi attacchi nella loro vita. Gli attacchi acuti insorgono più comunemente dalla seconda alla quarta decade di vita e le donne sono maggiormente affette. Possono essere scatenati dall’alcol, da alcuni farmaci, dalle alterazioni ormonali correlate al ciclo mestruale, dalla restrizione calorica come il digiuno o la rapida perdita di peso, ma anche da infezioni o altri fattori di stress. Tutti questi fattori aumentano il fabbisogno di eme e up-regolano l’enzima epatico ALA sintasi, il primo enzima limitante della via biosintetica dell’eme, portando nei pazienti affetti ad un accumulo di precursori, come l’ALA e il porfobilinogeno (PBG), che risultano tossici per il sistema nervoso centrale, periferico e autonomo causando le manifestazioni cliniche degli attacchi acuti. La diagnosi biochimica di PEA può essere fatta in tempi rapidi usando un test per il dosaggio di PBG su urine spot con eccezione della ADP che necessita del dosaggio dell’ALA. Sulla base del quadro clinico della paziente è stata posta l’ipotesi diagnostica di PEA. È stato effettuato un test rapido per il dosaggio di PBG su un campione estemporaneo di urine, che è risultato positivo. Giulia è stata quindi trasferita presso il centro regionale delle porfirie dove è stata sottoposta a terapia con emina. L’analisi genetica ha infine permesso di porre diagnosi di
Porfiria Variegata (
Risposta 2 corretta).
Bibliografia di riferimento
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Autori
UO di Endocrinologia e Malattie del Ricambio UOL Sezione di Endocrinologia, Medicina Interna e Geriatria, Dipartimento di Scienze Mediche, Università degli Studi di Ferrara
Andrea Daniele,
[email protected]
Camilla Alice Cattaneo,
[email protected]