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QUIZ 247

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…ma che stanchezza, non ce la faccio neppure ad alzarmi dalla sedia…

Una donna di 66 anni viene ricoverata in Medicina d’Urgenza perché da meno di un mese avvertiva una progressiva e ingravescente stanchezza al punto da non riuscire neppure ad alzarsi in piedi dopo essere stata seduta. Da diversi giorni aveva avuto diarrea acquosa 4-5 volte al giorno e mangiava molto poco e beveva altrettanto poca acqua. Riferiva una lunga storia di abuso di superalcolici (fino a un litro di vodka o rum al giorno), abitudine dalla quale non ha mai provato a staccarsi. Alta 150 cm pesava 45,3 kg con un BMI 20,1 ma appariva cachettica, astenica e dimostrava molti di più dei suoi anni. La frequenza era di 77 bpm, PA 101/61, non febbre. Non si rilevavano ittero sclerale, edemi né segni di cicatrici chirurgiche al collo. Fortemente positivi il segno di Chvostek e di Trousseau. Nessun altro reperto di rilievo. Emocromo, test di funzionalità epatica, sodio, potassio, cloruri e bicarbonati risultavano nella norma; altri esami davano i seguenti risultati:

Tabella1

L’elettrocardiogramma dimostrava un significativo allungamento del tempo QT senza altre alterazioni
Immediatamente trattata con calcio gluconato 6 g per infusione venosa per tutta la notte, la mattina successiva la Calcemia risultava 6.6 mg/dL e il paratormone intatto 21 pg/mL (vn 10-60).
Quale ulteriore test è necessario per comprendere la causa dell’ipocalcemia resistente?

Risposte
1) Determinazione della magnesiemia
2) Ricerca mutazioni del gene regolatorio sindrome Polighiandolare autoimmune
3) Ecografia del collo
4) Determinazione della 1-25[OH]2 D circolante


La risposta corretta è la risposta numero: 1

Risposta Corretta Nr.1

Determinazione della magnesiemia

  • perchè
Un’ipocalcemia difficile da correggere in una persona malnutrita è frequentemente dipendente dall’ipomagnesiemia (risposta n. 1, corretta).
Prima di procedere ad una diagnosi differenziale sulle cause di ipocalcemia [1] come in questo caso, l’ipocalcemia deve essere interpretata in relazione all’albuminemia, considerando che circa il 50% del calcio è legato all’albumina. Le persone con ipoalbuminemia possono dunque risultare ipocalcemiche e diversi sistemi di correzione sono stati proposti (incrementare il livello misurato di 0,8 mg per 1 g al di sotto dei 4 g di albumina). Tali correzioni si sono però rivelate non affidabili dato che non correlano con il livello di calco ionizzato. Il valore di Calcemia totale deve pertanto essere sempre tenuto in considerazione nella pratica clinica [2,3] anche in pazienti con ipoalbuminemia, in cui è consigliabile misurare anche il calcio ionizzato. Nel caso proposto con bassa ipocalcemia totale associata a un livello di paratormone intatto (PTH) ai limiti inferiori della norma è verosimile la diagnosi di ipoparatiroidismo. L’ ipoparatiroidismo funzionale si associa a ipomagnesiemia che, a sua volta, determina ipocalcemia con il duplice meccanismo di inibizione del rilascio di PTH e dell’induzione di resistenza all’effetto del PTH. L’ ipoparatiroidismo da distruzione ghiandolare (autoimmune o chirurgica) si associa a valori indosabili di PTH, come non si verifica nella paziente [4].
L’ipomagnesiemia è un evento multifattoriale dipendente da ridotto apporto alimentare o assorbimento (frequente nell’abuso di alcool) o da perdite fecali (diarrea) o urinarie (diuretici) . Da non dimenticare perché di riscontro clinico frequente l’ipocalcemia che si associa ad uso cronico da più di un anno di omeprazolo ed altri PPI [6] Anche in assenza di ipocalcemia, l’ipomagnesiemia si associa a debolezza, irritabilità neuromuscolare (segno di Chvostek) e alterazioni elettrocardiografiche quali tipicamente l’allungamento del tratto QT[7].
Pertanto, la misurazione della magnesiemia per comprendere e trattare i sintomi di questa paziente è fondamentale (riposta n. 1 corretta). Trovata l’ipomagnesiemia, la somministrazione endovenosa di solfato di magnesio e.v. (2-4 g – 8-16 MEq n 50-100 mL di glucosata al 5% in 10-60 min seguita da infusone per 12-24 h) in modo da riportare le concentrazioni di magnesio > 1 mg/dL e/o quindi per os (Mg Cloruro o L-lattato o ossido 30-60 mEq di Mg elementare al giorno) , corregge rapidamente l’ipocalcemia. Nel caso in cui l’ipomagnesiemia sia secondaria ad uso prolungato di PPI è indispensabile la sospensione dell’inibitore di pompa, eventualmente sostituito da H2RAs, che non deve più essere ripreso.
Non serve, allo scopo, misurare la 1-25[OH]2 D il cui risultato può essere fortemente confondente e inutile ai fini del trattamento (risposta n.4, non corretta). Del pari inutile, nell’ipoparatiroidismo, è la ricerca ecografica delle paratiroidi (risposta n.3, non corretta). La risposta n. 2 è egualmente non corretta in quanto la mutazione del gene è associata alla sindrome Polighiandolare autoimmune di tipo 1 in cui l’ipoparatiroidismo è assai comune. È inverosimile pensare che tale sindrome si manifesti per la prima volta in un’ultrasessantenne.
Nel caso proposto, la diagnosi più verosimile è dunque l’ipomagnesiemia, disordine dello ione dimenticato, come diffusamente trattato in una recente Rassegna [8].

Bibliografia di riferimento
  1. https://knowledgeplus.nejm.org/question-of-week/889/
  2. Kenny CM et al. Things we do for no reason™: calculating a "corrected calcium" level. J Hosp Med 2021 Aug; 16:499.
  3. Ridefelt P & Helmersson-Karlqvist J. Albumin adjustment of total calcium does not improve the estimation of calcium status. Scand J Clin Lab Invest 2017 Oct; 77:442.
  4. Gafni RI and Collins MT. Hypoparathyroidism. N Engl J Med 2019 May 2; 380:1738.
  5. Ahmed F and Mohammed A. Magnesium: the forgotten electrolyte-a review on hypomagnesemia. Med Sci (Basel) 2019 Apr 4
  6. Gommers LMM, Hoenderop JGJ, de Baaij JHF. Mechanisms of proton pump inhibitor-induced hypomagnesemia . Acta Physiologica 2022; 235:e13846
  7. http://www.agenziafarmaco.gov.it/wscs_render_attachment_by_id/111.38157.1150363709730e100.pdf?id=111.38162.1150363710023
  8. Lunetti, S., Taus, M. & Arnaldi, G. Il magnesio, lo ione dimenticato. L'Endocrinologo (2023).
    https://doi.org/10.1007/s40619-023-01324-4
Autori
Prof.F.Trimarchi, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Messina
[email protected]


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