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Carcinoma Tiroideo su Cisti del Dotto Tireoglosso

Francesco Vermiglio e Giacomo Sturniolo

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Messina, Messina
Corrispondenza: [email protected]

Le cisti del dotto tireoglosso (TGDC) rappresentano le più comuni lesione disembriogenetiche del collo e derivano dalla persistenza di residui del dotto lungo il percorso di migrazione embrionaria dell’abbozzo tiroideo, dal forame cieco della base della lingua fino alla sua sede definitiva. Benché nella maggioranza dei casi tali lesioni siano asintomatiche, esse possono, occasionalmente, andare incontro ad ascessualizzazione e/o fistolizzazione e, ancora più raramente (<1% dei casi), a trasformazione neoplastica. Dalla prima descrizione di Brentano del 1911, sono stati sino al momento descritti poco più di 250 casi di carcinoma su TGDC (TGDCC), ad origine sia da cellule epiteliali tiroidee, sia da cellule squamose. Il tumore papillare della tiroide (PTC) rappresenta l’istotipo più comune (80%), seguito dalla variante follicolare del PTC (8%), dal carcinoma a cellule squamose (6%) e dal carcinoma follicolare della tiroide (FTC), a cellule di Hürthle, a cellule-C e anaplastico nel restante 6%. Il TGDCC è stato descritto sia come lesione isolata - in assenza di coesistenti focolai di malignità nel contesto del tessuto tiroideo ortotopico - sia in associazione con analoghe lesioni in sede tiroidea, circostanza quest’ultima descritta, nelle differenti casistiche, in percentuali variabili dall’11% al 62% dei casi. Tale evenienza ha suggerito che il TGDCC possa essere espressione di una neoplasia multifocale della tiroide, ovvero costituire una localizzazione ripetitiva di un carcinoma tiroideo primario disseminatosi attraverso il dotto tireoglosso, o, infine, rappresentare la lesione primitiva con localizzazione metastatica a livello tiroideo.
La maggior parte dei TGDCC originano da cisti di piccole dimensioni e possono associarsi occasionalmente a invasione capsulare. Metastasi linfonodali sono riportate tra il 7% e il 15% dei casi mentre meno comuni sono le localizzazioni metastatiche a distanza. La diagnosi è di solito postoperatoria, dal momento che le caratteristiche cliniche non consentono di distinguere le lesioni maligne dalle quelle benigne. La valutazione citologica mediante agoaspirato ecoguidato della lesione può, tuttavia, facilitare la diagnosi preoperatoria e dovrebbe, pertanto, essere inclusa nelle procedure diagnostiche dei soggetti adulti con TGDC.
Per quanto riguarda il trattamento, vi è accordo unanime sull’approccio chirurgico del TGDCC mediante tecnica Sistrunk, che prevede l'escissione della cisti, della parte centrale del corpo dell'osso ioide e di un nucleo di tessuto attorno al tratto tireoglosso che si estende fino alla foramen caecum. Al contrario, è ancora controversa la necessità di eseguire una successiva tiroidectomia, finalizzata alla
individuazione di eventuali lesioni tiroidee occulte coesistenti, per le quali la tiroidectomia costituirebbe la base di un trattamento definitivo. Un approccio chirurgico maggiormente aggressivo, comprendente anche la tiroidectomia, trova senz’altro indicazione nei casi classificabili “ad alto rischio” (età avanzata, evidenza di tumore metastatico o invasivo, o con caratteristiche istologiche associate a prognosi meno favorevole), e laddove ricorrano i criteri per il completamento dell’asportazione chirurgica della lesione mediante terapia radiometabolica. Va comunque sottolineato come la prognosi del TGDCC non sia dissimile rispetto a quella riportata per il carcinoma tiroideo differenziato su tessuto

 

Riferimenti Bibliografici
 

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