Vinsin A. Sun, Teresa Mezza, Alfredo Pontecorvi, Andrea Giaccari/em>
Centro per le Malattie Endocrine e Metaboliche
Endocrinologia e Malattie del Metabolismo
Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, Roma
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Trattare l’ipercolesterolemia significa ridurre gli eventi cardiovascolari, una delle principali cause di morte; in più, numerosi studi clinici di intervento hanno dimostrato che la riduzione degli eventi cardiovascolari correla linearmente con la riduzione dei livelli di colesterolo LDL (LDL-C) [1].
Se ridurre il LDL-C può sembrare facile (anche con integratori visti in TV) raggiungere gli specifici target, soprattutto nei pazienti a rischio elevato, è decisamente molto più difficile. Abbiamo a disposizione pochi farmaci (in pratica solo le statine, con l’eventuale aggiunta di ezetimibe), nella pratica clinica spesso insufficienti, anche per la comparsa di effetti collaterali (più o meno oggettivi, ma comunque in grado di ridurre la compliance dei pazienti) o per il mancato raggiungimento del target di LDL-C nonostante il massimo dosaggio della terapia “tollerata”.
Da oggi abbiamo in mano un’ulteriore opzione terapeutica per superare questo importante unmet need: gli inibitori di PCSK9. PCSK9 (acronimo di Proproteina Convertasi Subtilisina/Kexina di tipo 9) è una proteina in grado di legarsi al recettore delle LDL, impedendone il riciclo sulla membrana cellulare epatica e quindi l’assorbimento epatico del LDL-C. Inibendone l’attività, questi farmaci permettono di esporre più recettori sugli epatociti, con conseguente maggiore captazione epatica di LDL-C e riduzione dei livelli circolanti di LDL-C[2].
Gli inibitori di PCSK9 sono anticorpi monoclonali umani, drammaticamente efficaci:riducono infatti i livelli di LDL-C di almeno il 50 - 70%,indipendentemente dalla presenza di una terapia ipolipemizzante di base. Si somministrano per iniezione sottocutanea, (in genere ogni 2 settimane, per evolocumab è disponibile un dosaggio mensile) e hanno un buon profilo di tollerabilità, con solo rari eventi avversi (i più frequentemente riportati sono prurito in sede d’iniezione e sintomi simil-influenzali) [3].
Al momento in commercio ci sono due molecole di questa classe di farmaci: evolocumab (140 mg) ed alirocumab (con due dosaggi:75 mg e 150 mg).
Sono prescrivibili(secondo EMA, non necessariamente rimborsabili secondo AIFA) in tutti i pazienti (affetti da ipercolesterolemia primariao da dislipidemia mista, anche non genetiche)in associazione ad una statina (già in dose massima tollerata) oppure in monoterapia (in pazienti intolleranti o con statine controindicate. Solo per evolocumab: ipercolesterolemia familiare omozigote, in associazione ad altre terapie, anche in adolescenti di almeno dodici anni di età.
Saranno rimborsabili (i criteri sono sul sito AIFA, ancora non attivo) secondo quanto descritto nella Tabella.1. Si segnala che la certezza della diagnosi di ipercolesterolemia familiare eterozigote deve seguire i criteri del Dutch Lipid Score(come modificato da AIFA, Tabella.2).
L’efficacia di questa nuova classe di farmaci è tale che la loro rimborsabilità (seppure limitata) è stata concessa anche solo su studi clinici preliminari, non di outcome [4-5]. La prova definitiva degli effetti di questi farmaci sulla riduzione della mortalità cardiovascolare verrà (speriamo ulteriormente)confermata dai risultati degli studi sull’esito cardiovascolare (FOURIER e ODYSSEY), previsti per il 2017 e 2018.
Fig.1 : Meccanismo d’azione degli inibitori di PCSK9 (da ref 2)
Tabella 1: Indicazioni autorizzate e rimborsate dal Sistema Sanitario Nazionale
Tabella 2: Dutch Lipid Clinic Network Score (DLCNS) secondo AIFA
Riferimenti Bibliografici